Documentazione di un progetto fotografico sperimentale
Perchè lo stiamo facendo?
Com’è nata realmente questa idea?
È probabile che sia emersa in modo goliardico, in una serata come tante, in cui in pochi minuti riesci a far emergere tante di quelle cavolate, che quasi non credi il tuo intelletto possa arrivare a tanto. Eppure proprio così, molto spesso, nascono idee che continuano a rimbalzare sulle mura del cervello. Chi è predisposto alla rimuginazione, alla riflessione continua, all’attività mentale prolungata e instancabile, vede dietro ad una flebile ipotesi di realtà, un dipinto intero di scenari possibili.
La creazione di questo dipinto ha iniziato a prendere forma in seguito alle risposte ad alcune domande che sono emerse spontaneamente dalle menti di tutti noi. Noi, speleologi abituati ad utilizzare il corpo per raggiungere luoghi misteriosi, nascosti, bui, inaspettati, sottoponendo il nostro fisico a freddo ed umidità intensi, posizioni insolite e scomode, passaggi inverosimilmente stretti e poco accoglienti, profondità elevate e sforzi prolungati.
Noi abituati ad usare la nostra corporatura, ad averne fiducia e coscienza. Ma in tutto questo, la nudità dove si inserisce? Vedersi nudi mette in imbarazzo? Mettersi nudi di fronte a qualcuno che conosci può sembrare naturale, ma prima di riuscirci bisogna alleggerire la mente da alcuni schemi pre-concettuali.
- Com’è vista la nudità da chi ci guarda spogliarci?
- Come ci sentiamo dentro il nostro corpo?
- Ci piace guardarci esternamente, allo specchio?
- Potrebbe celarsi qui anche una punta di narcisismo?
- Potremmo anche noi stessi avere la curiosità di farci fotografare, forse per la prima volta, integralmente nudi?
Magari ci rendiamo conto di piacerci ancor più di quanto non credessimo. Chissà, potremmo acquisire più consapevolezza corporea e sicurezza in noi stessi? Essere nudi in grotta, una primordialità a cui non siamo più abituati, ma che dovremmo ricordarci essere nostra origine.
Qualcuno di noi l’ha sentito così questo contatto del corpo nudo, infreddolito, con le pareti di gesso e il fango. Siamo qui per un progetto di fotografia che ad oggi, in fase di lavorazione, risulta avere diversi obiettivi.
- Raccolta di fondi per aiutare il gruppo speleologico bolognese nell’acquisto di nuovi caschi di protezione per i futuri corsi.
- Risaltare le morfologie geologiche delle grotte di gesso, ai più sconosciute e spesso giudicate poco interessanti in confronto a formazioni calcaree, più concrezionate e comode da visitare.
- Avvicinare al mondo carsico anche i non speleologi; curiosi ma spesso timorosi di sbirciare il mondo ipogeo che oltre ad accoglierti sottoterra ti chiede di relazionarti con la tua interiorità e quella degli altri.
Un mondo affascinante, senza tempo e spazio, per noi che la cerchiamo, la esploriamo e la viviamo. La grotta. Il labirinto sotterraneo. Il buio mai illuminato prima del nostro arrivo. Luogo inospitale ai più. Casa di viventi minuziosamente modificatisi per dimorarvi. Memoria del passaggio dell’acqua. Palcoscenico di invisibili battaglie tra correnti d’aria e umidità. Teatro di scontri di molecole che trasformano e creano meraviglie. In mezzo a tutto questo.
Noi.
Esseri umani. Decidiamo di denudarci in questo ambiente del tutto originale. Incontaminato. Insolito. Privo dei classici comfort a cui siamo abituati. Siamo ospiti. Entriamo in punta di piedi per non disturbare lo spazio circostante ma anche per tutelare noi stessi. Il buio è sempre dietro e attorno a te. Appena credi di ricordarti la strada appena percorsa, eccola lì che immediatamente sparisce.
Noi, ci siamo addentrati nel buio, per provare a viverlo in un modo ancora differente.
Fotografi e art director di noi stessi, abbiamo deciso di esaltare il mondo sotterraneo accostandolo ai nostri corpi nudi. Forme che abbracciano altre forme, e che a volte si richiamano. Minuti interminabili per comprendere gli effetti di ombre e luci migliori per esaltare le caratteristiche di entrambi. Eppure, momenti di condivisioni intense. Riflessioni artistiche sull’illuminazione e sulla posizione del corpo.
Focus portante del progetto : il nostro calendario non avrà come obiettivo l’esaltazione e il protagonismo dei nostri corpi nudi, ma la valorizzazione delle forme gessose ipogee attraverso l’accostamento di linee corporali sinuose.
È vero anche che il progetto prende forma in itinere, viene scolpito mano a mano accogliendo le idee di chi vi partecipa.
Chi ha deciso di non prendere parte all’iniziativa ha realizzato di “non ritenersi abbastanza in forma per fare il/la modell*”, oppure “vuole far spazio ai giovani”, altri che invece “apprezzano il progetto e ne comprendono l’obiettivo, ma non hanno piacere di mostrare il loro corpo a un numero X di persone sconosciute”; alcuni titubanti perché “chissà che effetto fa vedere il proprio corpo nudo in foto”.
Ogni pensiero è stato accolto e raccolto come spunto di riflessione : questo è uno degli aspetti positivi di essere un gruppo. È interessante documentare infatti le reazioni differenti alla proposta.
Entusiasmo improvviso. Esaltazione. Curiosità. Facce stupite. Imbarazzo. Incredulità. Battute maliziose. Commenti erotici. Commenti imbarazzanti. Prese in giro. Negatività.
Un brainstorming generale che si è mosso così velocemente ed improvvisamente da creare una nube alta di sabbia, accecante e fastidiosa, ma soprattutto limitante. Difatti all’inizio, appena nata l’idea, nulla è cominciato, nessuno si è mosso per concretizzare le cose.
Poi la sabbia è scesa lentamente, si è sedimentata a terra e qualcuno ha iniziato a camminarci sopra lasciando le prime impronte indelebili.
Chi ha deciso di partecipare ha voluto rimarcare il senso della sua presenza.
- “Vengo se saranno coinvolti uomini e donne di ogni tipo”.
- “Vengo se non lo facciamo per alimentare machismo e fantasie erotiche sulle donne”.
- “Vengo ma non so se sarò seren* di fronte alla macchina fotografica”.
- “Vengo perché voglio provare, se poi non me la sentirò, abbandono la nave”.
E tutto così ha iniziato a prendere forma.