Operazione Prima Ripetizione di M.te Cucco
A cura di: P. Nanetti, il Nano.
Ricordo il primo prearmamento dell’Operazione Prima Ripetizione di M.te Cucco, era fine settembre del 1969. Con noi i fratelli Alvisi, Massimo e Tonino e Gabriele Romiti.
Era la prima volta che questo gruppetto di amanti della Speleologia esplorativa nel bolognese, fra i quali vi era anche il fortissimo Mandini, veniva con noi in spedizione fuori regione. Massimo mi aveva chiesto come si sarebbe svolta l’uscita ed io gli avevo detto che con 20 minuti di comodo sentiero saremmo entrati in grotta per eseguire il prearmamento fino al Salone Saracco.
Avevo fatto i conti però senza considerare il Generale Inverno, come dice Zuffa: il sentiero non esisteva più, solo un pendio completamente innevato dove la presenza dello stradello si intuiva a malapena.
Carichi come muli iniziammo così la camminata affondando nella neve fino al ginocchio. La giornata per fortuna era splendida, come il Cucco a volte può regalare, ma il freddo era pungente; meno 6 gradi misurati con il termometro al decimo di grado degli Alvisi. Cammina e cammina le ore passavano inesorabilmente ma dell’ingresso del Cucco ancora nulla. Più volte Massimo mi aveva chiesto dov’era ed io gli avevo sempre detto fra poco, dietro la prossima quinta innevata.
Dopo circa 4 ore di faticosissima marcia, accasciato nella neve Massimo mi disse : “Davvero Paolo dov’è il Cucco, puoi dirci la verità tanto non torniamo più indietro…”, al che io risposi ” Davvero Massimo non lo so, comunque bisogna assolutamente che ci arriviamo prima del buio… “.
Fu appena dopo che mi cedette la neve sotto i piedi e sfrombolai giù per il pendio. Ruzzolavo inesorabilmente trascinato dai sacchi senza potermi fermare quando sentii distintamente Massimo Alvisi gridarmi “Fermati !”, al che mi resi conto che stavo per ammazzarmi : con gli occhi coperti di neve vidi un unico albero che mi separava dall’abisso e pilotai la discesa er centrarlo in pieno, cosa che con dolore e gioia successe poco dopo.
Dovettero venirmi a prendere stendendo 150m di corda nel pendio… 6 ore durò la marcia nella neve e mai una grotta mi parve più accogliente e calda del Cucco. Nel laghetto, chiave di volta della scoperta delle parti profonde del Cucco, poco oltre la parte turistica del Salone Margherita, stavo dicendo ai nostri nuovi amici di fare attenzione perché l’entrata e l’uscita del canotto è il momento più delicato, quando Romiti cadde completamente nel lago spegnendo anche la propria luce… un disastro in quelle condizioni.
Estratto Gabriele dal lago e messo in un ripiano fradicio e grondante, in mezzo alle urla di Zuffa che gridava di muoverci perchè eravamo enormemente in ritardo, Massimo mi disse “E adesso di lui qui cosa ne facciamo ?”. Zittito malamente Giancarlo gli risposi “Spogliatelo completamente e ognuno di noi si toglie un maglione…”
Ricordo ancora Romiti scioccato dal bagno che a torso nudo, instupidito, si teneva su con le mani un maglione infilato a mo’ di pantaloni medioevali con la presa di areazione in basso… Rivestito a maglioni Gabriele e ricoperto con una combinazione gommata ripredemmo la discesa dietro ad uno Zuffa esasperato. Fu poco dopo sul Birone di 25m che facendo sicura a spalla a Massimo sentii di colpo la corda allentarsi.
Per fortuna era appena partito e lo feci subito risalire chiedendogli cosa era successo. Mi rispose che si era collegato alla sicura con 4/5 nodi piani alternati che in pochi metri di discesa si erano sciolti tutti…
Gli dissi che esistevano nodi singoli più sicuri e gliene feci uno.
Fu sul pozzo Terni che successe un ulteriore disastro…
Tonino Alvisi aveva con sè una cassetta blindata metallica con circa 3 milioni di materiale fotografico, prezzi fine anni ’60… Or bene, detta cassetta avrebbe spezzato i cingoli di un carro armato se questo avesse avuto la sventura di salirci sopra. La cassetta era tenuta a tracolla da Tonino però con una cinghia fissata ad anelli piccoli piccoli, molto piccoli… Si sentì quindi un urlo disumano ed un rumore infernale di ferraglia lungo il pozzo. La cassetta fotografica cadde in fondo al pozzo non aprendosi ma diventando romboidale e facendo diventare romboidale tutto quello che conteneva, macchina fotografica compresa.
La macchina non potè fare più foto nella sua vita ma generosamente permise di fare sviluppare le foto che conteneva…
Orsini, i fratelli Alvisi e Romiti si sgranarono nei pozzi per fare sicura in risalita ed io con Zuffa, la Giannotti e Ranieri del Gruppo Spelologico-Archeologico Versiliese continuammo la discesa.
Sceso il pozzo Perugia però la botta contro l’albero cominciò a farsi sentire e decisi di fermarmi in appoggio. Fu durante le lunghe ore di attesa che decisi di andarmi a prendere il borsino con il mangiare che stupidamente avevo lasciato sul Perugia di 22m. Fu durante la discesa in scala del pozzo, quasi completamente nel vuoto, che stremato cercai di mettermi in sicura sulle scale e mi accorsi con terrore che avevo dato tutti i miei moschettoni a Zuffa.
L’esperienza di anni di grotta mi salvò e fu talmente allucinante la discesa che da allora, dopo più di 50 anni, uno dei moschettoni centrali del mio imbrago è saldato a stagno… Ma questa storia l’ho già raccontata su un vecchio Sottoterra…
Il ritorno fu senza storia, tolto il fatto che Orsini alla guida poco dopo aver preso l’autostrada stremato disse che si sarebbe fermato a dormire un po’. Stavamo dormendo in auto da non so quanto tempo quando sentiamo bussare violentemente ad un finestrino. Ci svegliammo e ci accorgemmo che era un agente della Polstrada. Questo ci chiese perché non ci eravamo fermati a dormire in una piazzola al che Sergio disse “Signor Agente, siamo stati in grotta e non avevamo più la forza di continuare”, “Ma se è lì” , disse scuotendo la testa il poliziotto : ci eravamo fermati a dormire nella corsia di accesso ad una stazione di servizio…
Orso accese la sua 850, facemmo 40 metri e tornammo stremati a dormire…