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La nascita del Soccorso speleologico

a cura di: Lelo Pavanello

Sino al 1965, nella speleologia italiana non c’era stato motivo per interessarsi del soccorso in grotta, gli incidenti che si erano verificati erano stati risolti in maniera autonoma dai vari Gruppi Speleologici, ne riportiamo alcuni tra i più significativi:

  • 1955 Abisso Gachè (Marguareis – Piemonte) dove Lucio Mersi, speleologo triestino, perde la vita precipitando nel pozzo di 120 metri. Recupero effettuato da speleologi di Trieste.
  • 1961 Pozzo della Ventrosa (Monti Prenestini – Lazio) muore la speleologa romana Adriana Androsoni nel corso di una esplorazione. Recupero effettuato da speleologi di Roma.
  • 1964 Spluga della Preta (Monti Lessini – Veneto) la speleologa veronese Marisa Bolla Castellani precipita nel P. 88 e muore. Recupero effettuato da speleologi di Verona con l’ausilio di colleghi di Faenza e Bologna.

Sui erano occupati di soccorso a livello locale Marino Vianello di Trieste, Eraldo Saracco di Torino, Sergio Macciò di Jesi, ognuno operando per proprio conto senza un collegamento con altri Gruppi.

Il 1965 diventa l’anno cruciale in cui si verificano 2 incidenti mortali che obbligano tutti i maggiori Gruppi Speleologici italiani a porsi il problema di un soccorso organizzato.

In agosto muore alla Grotta Guglielmo (Monte Palanzone – Lombardia) il milanese Gianni Piatti precipitando nel pozzo di oltre 40 metri che immette nella galleria terminale. Il compagno di esplorazione Danilo Mazza, con alle spalle le più significative esplorazioni di quegli anni, esce dalla cavità e dirama l’allarme.

Il periodo è il peggiore perchè trovare qualcuno in agosto è molto difficile, viene approntata una squadra che però non è in grado di raggiungere la salma. L’allarme si allarga e raggiunge il campo speleologico sulle Alpi Marittime organizzato dal Gruppo Speleologico Piemontese di Torino; parte una squadra composta da speleologi di Torino, Bologna e Faenza tra cui speleologi che avevano esplorato la Grotta Guglielmo in giugno. Al Rifugio Palanzone, presso il quale si apre la grotta, regna una gran confusione e i soccorritori dovranno dormire per terra, arrivano anche speleologi da Trieste.

Viene approntato un piano per il recupero: entra la squadra con gli esploratori che erano scesi nella cavità a giugno, che raggiunge la salma e la recupera sino a circa -250 metri, da qui un’altra squadra risalirà sino all’esterno.

Ci si rende conto che per un intervento del genere ci sono voluti 6 giorni, manca completamente ogni attrezzatura adeguata per un recupero di salma o ferito… esistono speleologi tecnicamente capaci ma totalmente disorganizzati in tema di soccorso. Questo intervento offrì l’occasione per ampliare la collaborazione tra vari Gruppi Speleologici e fece capire come certi problemi si potevano risolvere solamente lavorando tutti assieme.

Qualche giorno dopo morì in Sardegna nella Grotta Su Anzu, Eraldo Saracco speleologo di Torino, il recupero fu effettuato dai compagni. Sull’emozione di questa morte, gli amici del Gruppo Speleologico Piemontese decisero di sviluppare l’iniziativa per costituire una struttura di soccorso in grotta.   

Seguirono vari contatti con persone e Gruppi speleologici e si arrivò alla presentazione, nell’ambito del 6° Congresso Speleologico dell’Emilia Romagna (Formigine, 19 settembre 1965) della relazione di Giulio Badini del Gruppo Speleologico Bolognese su l’opportunità di creare un Corpo di Soccorso Speleologico. La parte organizzativa gravò principalmente sul Gruppo di Torino ma grazie alla collaborazione di molti fu possibile iniziare la costituzione del Soccorso Speleologico. In questa fase, fu fondamentale la collaborazione dei Gruppi Speleologici che inizialmente, misero a disposizione materiale e sedi.

Il 5 e 6 marzo 1966 si tiene a Torino l’Assemblea Costituente: sul territorio nazionale ora operano circa 100 volontari suddivisi in 5 gruppi che si occupano principalmente della parte tecnica.

Nel 1966 si verifica un incidente che mette a dura prova il neonato organismo: 4 speleologi bolognesi restano bloccati al Buco del Castello (Roncobello – Bergamo), dove una piena improvvisa del torrente sotterraneo gli impedisce di risalire un pozzo di oltre 80 metri. Nelle operazioni di soccorso purtroppo muoiono 2 volontari, anch’essi bolognesi, trascinati dalla cascata nel tentativo di scendere il pozzo e raggiungere i bloccati.

Ci vorrà una settimana per recuperare i bloccati e le due salme.

Nel frattempo grazie alla collaborazione di Bruno Toniolo, Direttore del Corpo Soccorso Alpino il soccorso speleologico ne entra a far parte come Sezione Speleologica del Corpo Soccorso Alpino del Club Alpino Italiano. A Trieste nel novembre 1969 ha luogo il 1° Congresso Nazionale del Soccorso Speleologico (ne seguiranno poi altri): particolare importanza è riservata alla parte medica, mentre quella tecnica resta l’obiettivo primario in quanto è necessario standardizzare materiali e metodi oltre al creare affiatamento tra i volontari. A questo scopo vengono organizzate delle esercitazioni nazionali, la prima nel 1970 all’Antro del Corchia (Alpi Apuane – Toscana).

Nel 1972 nasce il Bollettino: pubblicazione cartacea che porta a conoscenza dell’attività del Soccorso Speleologico.

Sono trascorsi oltre 50 anni e il Soccorso Speleologico è una realtà valida e ben operante, non solo in Italia, abbiamo lavorato sodo, sbagliando anche alle volte ma sempre pronti a correggere gli errori e sempre con l’intento di essere utili a chiunque possa trovarsi in difficoltà in qualsiasi grotta, sia in Italia che in altri Paesi, abbiamo spesso collaborato con la Protezione Civile in situazioni in cui la nostra specializzazione è risultata fondamentale.

Attualmente il Soccorso Speleologico è parte integrante del CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) ed è composto da circa 800 Tecnici Volontari suddivisi in 16 Zone a base regionale. Al suo interno operano varie Commissioni:

  • Comunicazione e Documentazione
  • Medica
  • Tecnica
  • Disostruzione
  • Speleosubacquea
  • Esteri
  • Scuole

Il tutto coordinato da un Comitato Esecutivo a cui fa capo un Responsabile Nazionale coadiuvato dai 16 Delegati di zona.

Nel periodo 2000 – 2019 in Italia si sono verificati 248 incidenti che hanno coinvolto 364 persone così suddivise: 273 maschi, 55 femmine, 36 non noti.

Queste le conseguenze:

  • nessuna 134
  • lievi 73
  • gravi 126
  • morti 31

Momento dell’incidente:

  • Risalita 137
  • Avanzamento 145
  • Immersione 18
  • Esterno 47
  • Scavo 17

Rispetto ai decenni precedenti abbiamo registrato un calo significativo degli incidenti, nonostante l’aumento del numero degli speleologi, che può essere ricondotto al ruolo formativo dei vari Corsi di Speleologia SSI o CAI che sono riusciti a migliorare il livello tecnico degli speleologi, soprattutto rispetto al passato.

Dal 1932 il Gruppo Speleologico di Bologna conduce esplorazioni e studio di cavità naturali e artificiali.

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