Complesso Partigiano-Modenesi: news esplorative e primo importante aggiornamento catastale
Articolo completo su Sottoterra 148 (2019), a cura di L. Pisani e F. Cendron
L’importanza del Complesso Pozzo dei Modenesi (o Grotta dei Modenesi) – Grotta del Partigiano è ormai sotto gli occhi di tutti, con oltre 3.6 km di gallerie, pozzi e meandri rilevati e una gamma di morfologie carsiche complete per il panorama dei gessi della Regione. In questo articolo vengono presentate le relazioni delle ultime uscite esplorative del 2019, e viene presentato il primo importante aggiornamento del rilievo topografico che è stato depositato al Catasto delle cavità naturali dell’Emilia-Romagna e consultabile tramite il Catasto della FSRER.
Il rilievo del Complesso rappresenta il frutto di anni di lavoro e fatica da parte di tantissimi speleologi e speleologhe del GSB-USB, nonché di una base digitalizzata, per quanto riguarda il “Modenesi storico”, derivata dal rilievo del GSCT degli anni ’90. Non insignificante è stata anche la difficoltà di collegare stili e metodi di rilievo diversi, oltre ad una serie di scelte doverose per rendere leggibile e coerente la schematizzazione e la gerarchizzazione in rami del Complesso.
La principale classificazione vede infatti la scelta di considerare come “storica”, per questa nuova tavola, tutta la porzione delle due cavità spazialmente ubicate pre-Salone A. Rossi (ambiente dal quale è iniziata l’esplosione esplorativa degli ultimi anni). La scoperta del Rossi non solo coincide con l’avvicendarsi delle più succose novità esplorative, ma anche con l’intercettazione della porzione di cavità geneticamente correlabile alle gallerie carsiche (attive e fossili) del Sistema Ronzana-Farneto, ora raggruppate con il macro-ramo “Albano il Cubano”. Esso era finora inteso come i primi condotti fossili esplorati nel corso delle adrenaliniche e primissime punte a valle del Rossi, nella zona tra la “Sala del Niphargus” e “La Marana”, quando eravamo ancora all’oscuro di tutto ciò che si trovava alle nostre spalle e davanti a noi. Per rendere più chiara la scansione e la lettura delle diverse aree genetiche del Complesso, è stato quindi scelto di unificare tutto il mondo “sotto-il-Rossi”, ed affine al sistema carsico di Ronzana, nel grande macro-ramo di “Albano il Cubano”, elevato ora ad una posizione gerarchica più alta. Al contrario, la porzione del “Partigiano-Modenesi Storico” è rappresentata dalle vie di drenaggio vadose (meandri, pozzi e laminatoi) dei due inghiottitoi nella parte alta del Complesso. Va tuttavia precisato che di questa macro-area, alcune diramazioni dei “Rami Alti sopra la Giunzione” e nel meandro principale del Pozzo dei Modenesi (prima del Trivio) sono di recente esplorazione. Concludendo, si è optato per utilizzare un tipo di classificazione che cerca di comprendere sia criteri “morfologico/genetici”, che “esplorativo/temporali”.
La grotta è in ogni caso in continua e costante evoluzione, e alcuni rami rimangono ancora da rilevare. Come spesso accade per complessi mastodontici come questo, ogni sasso spostato può regalare emozioni e nuovi metri di buio. Crediamo quindi che sarà un work-in-progress in cui la parola “fine” verrà dettata solo ed esclusivamente dalla volontà degli speleo che vorranno cimentarsi in questa difficile esplorazione.
23.03.19, di Luca Caprara:
Ritrovo ore 8.00 al parcheggio alto sopra il Farneto (l’entusiasmo è già alto), con l’obiettivo di eseguire il rilievo di una sala di recente scoperta, denominata “degli Squali”, pseudonimo di un gruppetto di facinorosi esploratori a cui va il merito di averla individuata. La grotta si presenta asciutta come mai prima d’ora e mi riferiscono (non essendoci mai stato, annuisco e me ne compiaccio), che ciò facilita notevolmente progressione e permanenza. Dopo alcune calate, risalite, meandri e strettoie, giungiamo al salone Rossi, ove lasciamo imbraghi e compagnia bella, considerato che da quel punto non servono, dicono. E ci infiliamo nella Via dell’Evaso, circa venti metri di agonia a strisciare in questo pertugio alto 20 cm. E grazie al cazzo, dico io: mi s’incastrava la Tikka al collo, figurati l’imbrago. Si prosegue arrivando all’attivo, in cui riusciamo a non bagnarci eccessivamente, date le condizioni favorevoli. Dopo alcuni su e giù, si giunge alla famigerata sala degli Squali: passiamo alcune ore fra rilievo ed esplorazione di sale attigue e ricerca di eventuali nuove vie. Scusate la scarsità di dettaglio, ma ero un po’ distratto dal pensiero di dovermi rifare l’Evaso (in salita). Finita la raccolta dati (circa 50 capisaldi e dimensioni analoghe al Rossi, se ho capito bene), un Pisani soddisfatto ordina la ritirata. Essendoci alternative alla Via dell’Evaso, seppur più lunghe, siamo un po’ incerti sul da farsi. Il mio sguardo da “chi cazzo me l’ha fatto fare” non è passato inosservato…si decide comunque di riprendere quell’angusto pertugio, grazie anche agli incoraggiamenti e al supporto morale dei compagni di viaggio. In modo inaspettato, fila tutto liscio e, lenti ma inesorabili (Castrowilly style), ne usciamo senza problemi. La risalita prosegue senza intoppi e verso le 18:00 siamo fuori, per ammirare un notevole tramonto che irradia lo skyline bolognese. Rilievo a parte, grotta notevole che consiglio agli ex compagni di Corso, vuoi perché è formativa nell’approccio alle strettoie, vuoi perché è fin troppo giusto che anche gli altri soffrano.
Hanno partecipato: L. Caprara, G. Dondi, M. Dondi, L. Grandi, M, Meli, L. Pisani, A. Sangiorgi.
13.04.19, di Luca Pisani:
Si decide di andare alle gallerie inferiori a valle e per la precisione alle Gallerie di Cristallo e nella zona soprastante al Gerione, per ultimare i tratti di rilievo mancanti. Arrivati alla Sala del Cervino, ci dividiamo in due squadre: Meli, il “Vate” Giorgino ed io cominciamo a rilevare, mentre gli altri si adoperano per fotografare decentemente questi bellissimi ambienti. Viene riesplorato e rilevato interamente tutto il giro ad anello delle Gallerie, Trivio, ecc. (magnifiche per dimensioni e bellezza degli ambienti) che si sviluppano su più livelli da entrambi i lati del Salone e si vanno a ricongiungere più a valle con la parte alta del Gerione, ma che purtroppo non hanno ulteriori potenzialità esplorative. Nel frattempo, la seconda squadra-foto finisce di esplorare il meandro alle spalle del Sasso-Cervino, che viene ribattezzato “Il (meandro) Cuccarini”, il quale termina sotto il pozzetto finale, senza prosecuzioni. Geneticamente è la porzione a monte del meandrino dell’incidente di Sciucco. Viene ispezionata anche nuovamente la Sala del Cervino e al suo centro, spostando qualche sasso, Alessio e Max riescono a raggiungere un ambiente fangoso di discrete dimensioni, battezzato “Saletta della Bovanga”. Il gruppo si ricompatta e finiamo il giro al Gerione Alto, dove avevamo lasciato indietro un possibile passaggio da rivedere e rilevare. Sicuramente era già stato visto in precedenti uscite fatte con Robby ed Elena e altre di Piero&Co. L’area presenta giri ad anello, scollamenti e salette limitrofe interconnesse da giganteschi crolli che andrebbero rivisti per bene. In vari ambienti si nota il soffitto levigato delle gallerie fossili (che sono la nostra speranza), ma grandi muri di sedimento e/o crolli impediscono qualsiasi prosecuzione verso valle. Con le pive nel sacco ce ne torniamo indietro e lasciamo questa zona (chiamata nella sua interezza “Area28”), il Cuccarini e la Saletta della Bovanga ancora da rilevare per la prossima volta. Siamo comunque contenti, perché siamo riusciti a documentare con belle foto il Cervino e le Gallerie di Cristallo e finire il rilievo di questo ramo principale (280 m circa di sviluppo).
Hanno partecipato: A. Copparoni, G. Dondi, M. Dondi, L. Grandi, M. Meli, L. Pisani, A. Sangiorgi.
25.05.19, di Massimo Dondi:
È la prima volta che un gruppo così numeroso composto da ben nove speleo, entra in questa impegnativa grotta nelle sue zone più profonde e lontane. L’intento è quello di rilevare alcune diramazioni a valle, lasciate in sospeso durante le precedenti uscite. Ai consueti frequentatori: Alessio, Giorgino, Matteo, Max e Piso, si aggiungono i recidivi Coppa e Rasta, e per la prima volta, Sammy il “Condor”, e Paoloner il “Primo Ufficiale”. Entriamo verso le 9:30 e uno dietro l’altro scendiamo fino a raggiungere il Salone Rossi. La grotta, nonostante le abbondanti piogge, si presenta come al solito e non esageratamente bagnata, ma ormai sappiamo che la differenza tra l’avere poco fango ed averne molto, è decisa dalla temperatura esterna. Ci togliamo gli imbraghi e proseguiamo verso le parti più basse. Strisciamo per tutta “la Pressa”, passiamo le varie salette ed arriviamo alla magnifica “Sala del Cervino”. Qui ci dividiamo nei due gruppi: il primo composto dal Condor, Max, Paolone, Piso e Rasta, con destinazione “Ramo Gigliola” e “Sala della Tabaccaia”. L’altro, composto da Alessio, Coppa, Giorgino e Meli, nelle zone più alte del “Gerione” ed “Area 28”. Noi che scendiamo verso le zone più bagnate, oltrepassiamo la “Marana”, dove il torrente presenta molta acqua (anche se non è in piena), e risaliamo “Dark”, fino ad arrivare in fondo al “Pozzo della Risoluzione”, ai piedi del Gerione. Da qui scendiamo nei vari infangatissimi passaggi, fino a raggiungere nuovamente il letto del torrente. Ci arrampichiamo su una parete di fango sulla destra, punto di partenza della via fossile (Ramo Gigliola) che ci permette di bypassare il torrente. Arriviamo alla “Sala delle Rondini” ed infine alla Tabaccaia, dove cominciamo subito a fare il rilievo nella parte più a valle, in mezzo agli incredibili massi crollati. Questa zona, ribattezzata “Ramo Furtivo”, è estremamente instabile, stretta ed insidiosa e si presenta come un caotico labirinto tra blocchi franati che portano nuovamente sull’attivo o in una diramazione sulla destra che a sua volta prosegue per circa 30 m fino ad una piccola saletta. Dopo avere passato anche l’ultima strettoia e prese le ultime misure, diamo un’occhiata alla porzione terminale della saletta, da cui proviene un bel po’ di aria attraverso le fessure della roccia. Iniziamo a spostare dei sassi e del fango secco e, dopo alcuni minuti di lavoro, ecco quello che non ci aspettavamo. Con i battiti del cuore a mille e i brividi lungo il corpo, ci accorgiamo che il passaggio sembra esserci e prosegue con misure decenti, salvo il primo metro e mezzo, da allargare nell’argilla e nei sassi. Non abbiamo gli attrezzi giusti per affrontare questo scavo che, seppur non proibitivo, dobbiamo a malincuore lasciare per la prossima volta e proseguiamo per finire le altre parti da rilevare mancanti. Dopo avere mangiato un boccone, ci infiliamo di nuovo nel Ramo Gigliola che rileviamo e poi in tutti e camini, cunicoli e passaggi vari, rilevandoli e cercando una via che, disgraziatamente, non esiste. Questa è una zona molto pericolosa, a causa della grande instabilità della roccia, ammantata da sedimenti argillosi così intrisi d’acqua da sembrare stracchino. Ricorda molto alcune parti di Ca’ Fornace. A ritroso ci colleghiamo con il punto di partenza e riprendiamo la via del ritorno, dopo aver rilevato circa 170 m di diramazioni. A quel punto sono le 18 e siamo fuori per le 22. Alle auto, con grande sorpresa, vediamo che i compagni della squadra 2 sono ancora lì, già cambiati e ci stanno aspettando. Anche loro alla fine sono usciti verso le 21, facendo la loro parte di rilievo e soprattutto trovando altri nuovi ambienti che racconteranno nella seconda parte di relazione. Dopo 12 ore di grotta, l’euforia è alle stelle per la bellissima giornata passata in compagnia ad esplorare ambienti magici, sapendo poi che il più bello deve ancora venire: la super pizza del BBK!
Hanno partecipato nella Squadra 1: P. Calamini, S. Curzio, M. Dondi, L. Pisani, M. Fantuzzi.
25.05.19, di Alessio Sangiorgi:
Riprendo da quando ci siamo divisi con la 1^ squadra, alla “Sala del Cervino”. Ci prepariamo al rilievo distribuendo i ruoli: Meli al Disto X, Giorgino ai capo saldi con il Coppa ed io al Topodroid. Tralasciando qualche problemuccio all’inizio, con l’applicazione il rilievo procede tutto molto bene; per me si tratta del primo rilievo ufficiale in grotta e devo dire che il Minicorso “Rilevare è facile” ha dato i suoi frutti. Rileviamo e disegniamo tutta l’area 28 e le aree alte del Gerione e lì, proprio in quelle zone, superando un passaggio esposto in cima al Gerione, Meli scopre un nuovo ambiente, molto interessante. Si presenta come una sala di circa 18 m di lunghezza e 5 di larghezza; è presente un discreto flusso d’aria proveniente da un cunicolo che si restringe. Riusciamo a rilevare anche questa nuova diramazione chiamandola “Sala delle 40 vergini”. Continuando il rilevamento dell’area 28, Coppa prende il possesso del cellulare e prosegue il disegno su Topodroid. Colgo l’occasione per gironzolare nell’Area 28 e curiosare un po’ in giro. Spostando qualche masso vicino al punto di rilievo 28, intravvedo un passaggio stretto ed insidioso che si apre su un terrazzino accostato a un pozzo molto largo e profondo circa una decina di metri. Non è possibile scenderlo in libera. Il vano appena scoperto ha dimensioni decisamente interessanti; nella sala sono presenti concrezioni di “Beacon” intatte e comunque rotte, sul pavimento. L’ambiente è molto ramificato in tutte le direzioni e per questo decidiamo di sospendere momentaneamente il rilievo per curiosare un po’ in questi nuovi spazi. Meli ed io scendiamo in libera un pozzettino, ma, arrivati alla base, ci accorgiamo di essere nei livelli bassi del Gerione, vicini a Dark; questo settore della Grotta si chiamerà “Mondi paralleli”. Optiamo per una dilazione dell’esplorazione ad un’altra volta, per poter finire il rilievo dell’Area 28 e, piano piano, ci incamminiamo verso la luce.
Hanno partecipato nella Squadra 2: A. Copparoni, G. Dondi, M. Meli, A. Sangiorgi.
02.06.19, di Nevio Preti:
Dopo due anni, su spinta di Castrovilli, rieccoci al Partigiano per cercare di concludere la risalita lasciata in sospeso appena sotto al 2° pozzo. Non ci aspettavamo sviluppi significativi in quanto quella risalita fu iniziata più per scopi didattici e solo un minimo di curiosità. Partiamo verso l’alto sulla corda esistente constatando subito che un attacco è arrugginito ed il mosco lasciato allora è inchiodato che neanche la cagnetta riesce ad aprire. Superato il limite precedente (6-8 metri) iniziamo a chiodare in verticale sulle pareti lisce e lavorate. Castro fa una ottima e puntuale sicura, non so con cosa, visto che l’otto l’ha lasciato in macchina (o in garage?) ed il grigri non offre garanzie. Però funziona e da sopra ogni comando viene eseguito con solerzia. Man mano che si sale, il camino pare prima stringere e poi allargare dietro ad una quinta, tutto in verticale e senza nulla per allestire dei naturali. Chiodi su chiodi, le dieci piastre stanno per finire e serve recuperare i rinvii e le piastre da sotto. Ad un certo punto, in un posto stretto fra le pareti, con la vista di una saletta interessante lì sopra, in contrapposizione, scaricando fango secco e sabbia dentro alla tuta di Castro, riesco a raggiungere la sommità e finalmente tramite un paio di naturali fare un armo “semiserio” per far salire tutti. Purtroppo, il camino chiude fra massi di crollo, una radice, dolicopode, insetti vari fra cui un moscone. Con materiale recuperato fissiamo la statica e con qualche aggiustamento torniamo giù soddisfatti. Come preventivato chiude ma almeno ci siamo tolti il dubbio. La sorpesa è stata la misura di quanto risalito, circa 20 metri di netta verticale, fra i pozzi più alti del Partigiano. Torneremo a rilevare.
Hanno partecipato: M. Castrovilli, A. Pin, N. Preti
13.07.2019, di Nevio Preti:
Visti i tempi ristretti per la pubblicazione del rilievo completo e annesso articolone sulle nuove scoperte al partigiano-Modenesi, con Piso abbiamo deciso di accelerare il completamento delle parti rilevate prima della sua partenza per il Brasile. Morale: stanotte, in fretta e furia si è composta una squadretta da 2 per andare a rilevare il Camino dei Tre.
Rilevata e disarmata, rilevato anche il “rametto Elettra” nei piani alti sopra la giunzione (un altro Zuffa circa di sviluppo). Nei prossimi giorni vedremo di accelerare su foto e il rilievo di quanto ancora da fare ai piani bassi e remoti.
Hanno partecipato: L. Pisani, N. Preti
17.08.19, di Luca Pisani:
Ci troviamo alle 9.30 al parcheggio dopo aver recuperato il palmare per rilievo dal buon Cepe, tornato la sera prima dalla Bosnia. In circa mezz’ora siamo al salone Rossi attraversando i meandri e cunicoli del Partigiano in condizioni deplorevoli per la quantità di fango presente. Dal Rossi percorriamo la Via dell’Evaso, anch’essa stranamente piena di fango attanagliante, e giù fino all’attivo, che troviamo praticamente secco con solo qualche pozza. Indossiamo i guanti in neoprene e ci infiliamo nella lunga galleria, riuscendo comunque a non bagnarci. In poco meno di due ore siamo alla “Sala del Caos”, dove armiamo con una corda con nodi lo scivolo che porta direttamente al “Salone degli Squali”, permettendo di evitare la più lunga e pericolosa salita tra le zone di crollo. All’imbocco della grande sala, Alessio e Max si infilano in un pertugio che porta ad una breve diramazione terminante su una nicchia di sassi semi-mobili che iniziano a disostruire, mentre io e Giorgino calibriamo il DistoX. Terminate le operazioni i due tornano: lo scavo è facilmente proseguibile ma la direzione sembra proprio tornare verso il centro del Salone, quindi viene lasciata in sospeso per il momento. Procediamo uniti per il rilievo delle diramazioni secondarie che chiudono un giro ad anello fino al caposaldo “20”, zona da cui parte un altro ramo, ora ribattezzato “Ramo del Venti-latore”, che termina su una zona di crollo (chi l’avrebbe mai detto?) dove Max disostruisce con mazza e scalpello un passaggio con flusso d’aria. Dopo alcune ore di lavoro si riesce a passare, e oltre si apre una saletta da un lato chiusa completamente, dall’altro presenta due punti con aria: una frana in verticale tra i cui massi si vede del nero, e una più interessante crepa strettissima da cui passa il grosso del flusso d’aria. Oltre slarga di brutto e si vede una prosecuzione, in direzione del Salone…potrebbe tornare là, oppure andare ancora più verso monte (le nostre speranze). Vedremo una volta collegati i rilievi per capire meglio la posizione. Tornando più in basso, un’altra nicchia dove avevamo scavato Ale ed io sembra avere una stretta prosecuzione sulla sinistra, ma anche qui da disostruire e un lavoro lungo. La zona è potenzialmente ricca di punti di scavo, ma sembra tutto in zona di crollo secondaria, senza dare grandi speranze o aspettative. Magari terminati i punti interrogativi più succosi e facili, si potrà tornare a dare un’occhiata. Torniamo stanchi morti al Salone degli Squali, dove controlliamo l’ultimo punto di scavo lasciato indietro le altre volte, il più a monte del Complesso: a turno lavoriamo e dopo circa mezz’ora il passaggio è forzabile. Aldilà niente di eclatante, una piccola saletta nel fango compatto: chiude da tutte le parti, c’è solo una piccola finestra sulla destra che si ricongiunge verso il Salone degli Squali in un punto più alto. Piano piano ci riprepariamo alla lunga via del ritorno, completamente zuppi di fango e stanchi da morire. In circa tre ore siamo fuori, con schiena e muscoli a pezzi. Andiamo a rigenerarci al Covo dove ci raggiunge anche Minghino per una prelibata pizzona.
Hanno partecipato: G. Dondi, M. Dondi, L. Pisani, A. Sangiorgi