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Conferenza stampa: recupero del cranio nella Grotta M. Loubens

Conferenza stampa presso il Comune di S. Lazzaro di Savena – Il GSB-USB e la Soprintendenza presentano ufficialmente la sensazionale scoperta di un cranio umano, recuperato da un camino della Grotta M. Loubens nel Parco dei Gessi Bolognesi lo scorso Giugno 2017.

Si ringraziano: Comune di San Lazzaro di Savena, Ente Parchi Emilia Orientale, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Emilia Romagna, Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa, Alma Mater Università di Bologna.

Editoriale il Resto del Carlino – Bologna, cranio umano di 5.300 anni fa rinvenuto nel parco dei Gessi

San Lazzaro, 14 giugno 2018 – E’ di una donna, di giovane età. Dalle prime osservazioni scientifiche, il cranio umano rinvenuto nella grotta Marcel Loubens, a pochi passi dal Farneto, all’interno del parco dei Gessi a San Lazzaro di Savena risulta appartenere a una fanciulla vissuta, secondo gli esami radiometrici, tra i 5300 e i 5600 anni fa, durante l’età del Rame.

Il reperto rinvenuto dagli speleologi del GSB-USB è stato recuperato in seguito a una complessa operazione che ha coinvolto un anno fa undici volontari che si sono calati lungo un meandro, chiamato della cattiveria per la larghezza che non supera i trenta centimetri, con tanto di curve di 360 gradi che costringono a movimenti complessi. In questi mesi, il cranio fatto riemergere dall’antropologa e speleologa Lucia Castagna che è riuscita nel giugno scorso a infilarsi nel meandro, è all’esame del dipartimento di scienze biologiche e ambientali di Unibo sotto lo sguardo dell’archeologa Monica Miari e dell’antropologa Maria Giovanna Belcastro con il coordinamento della Soprintendenza.

“Si tratta di un reperto di grande valore che conferma le importanti potenzialità sul piano scientifico di quest’area – sostiene la professoressa Belcastro – A breve, però, una volta terminati gli studi, il cranio della fanciulla potrebbe tornare a San Lazzaro: qui, il museo della preistoria Luigi Donini ha già aperto le sue porte per accoglierlo”.

Editoriale la Repubblica – Mistero sul cranio di 5.300 anni fa ritrovato a San Lazzaro

BOLOGNA – Ritrovare un cranio umano risalente a 5.300 anni fa non capita tutti i giorni. Eppure, il 7 giugno è successo al gGuppo speleologico bolognese che, tra un’esplorazione e l’altra nella zona del Parco dei Gessi, ha visto comparire un teschio all’interno della grotta Marcel Loubens. Dopo circa 11 ore di lavoro minuzioso di 20 operatori e speleologi, il ‘tesoro scoperto’ è stato messo al sicuro dentro una valigetta diretta al dipartimento di Geologia dell’Università di Bologna, che lo sta analizzando. Per il momento, l’esito di ua Tac riferisce che potrebbe appartenere a una giovane donna, ma le incertezze sono ancora molte.

C’è “un dubbio fondamentale sul ritrovamento”, racconta Monica Miari, una delle archeologhe che ha partecipato alla scoperta. “Cosa ci faceva lì quell’unico cranio?” è la risposta alla quale stanno cercando di rispondere, e per farlo è necessaria “la più forte collaborazione possibile tra discipline diverse”, aggiunge Giovanna Belcastro, antropologa dell’Alma Mater. Il cranio infatti è un ritrovamento isolato e dalle analisi “risultano tracce di manipolazione del cadavere”.

“Potrebbe essere scivolato o potrebbe essere stato intenzionalmente collocato lì in occasione di un rituale funebre”, continua Belcastro. Per indagare questi aspetti, sia antropologi, speleologi e archeologi sono d’accordo che sì, “sia necessario tracciare un profilo biologico del soggetto, individuando genere, origine etnica, datazione”, sia “cercare di capire come è arrivato in quel punto”.

Agenzia di Stampa DIRE – A Bologna riemerge il cranio del mistero: ha 5.300 anni

BOLOGNA – Ritrovare un cranio umano risalente a 5.300 anni fa non capita tutti i giorni. Eppure, il 7 giugno è successo al gruppo speleologico bolognese che, tra un’esplorazione e l’altra nella zona del parco dei Gessi, ha visto comparire un teschio all’interno della grotta Marcel Loubens.

ESTRATTO DOPO 11 ORE D LAVORO

Dopo circa 11 ore di lavoro minuzioso di 20 operatori e speleologi, il ‘tesoro scoperto’ è stato messo al sicuro dentro una valigetta diretta al dipartimento di geologia dell’Università di Bologna, che lo sta analizzando. Per il momento, l’esito di un tac riferisce che potrebbe appartenere a una giovane donna, ma le incertezze sono ancora molte. C’è “un dubbio fondamentale sul ritrovamento”, racconta Monica Miari, una delle archeologhe che ha partecipato alla scoperta.

“FORSE COLLOCATO LI’ DURANTE RITO FUNEBRE”

“Cosa ci faceva lì quell’unico cranio?” è la risposta alla quale stanno cercando di rispondere, e per farlo è necessaria “la più forte collaborazione possibile tra discipline diverse”, aggiunge Giovanna Belcastro, antropologa dell’Alma Mater. Il cranio infatti è un ritrovamento isolato e dalle analisi “risultano tracce di manipolazione del cadavere“. “Potrebbe essere scivolato o potrebbe essere stato intenzionalmente collocato lì in occasione di un rituale funebre“, continua Belcastro. Per indagare questi aspetti, sia antropologi, speleologi e archeologi sono d’accordo che sì, “sia necessario tracciare un profilo biologico del soggetto, individuando genere, origine etnica, datazione”, sia “cercare di capire come è arrivato in quel punto”.

È una “scoperta rilevante dal punto di vista scientifico, ma non solo. Il nostro primo dovere istituzionale è la salvaguardia dei beni culturali del territorio“, afferma Cristina Ambrosini, soprintendente archeologia Belle arti e Paesaggio di Bologna. “Cosa c’è di più bello di vedere come una realtà che è paesaggio e natura diventi anche passione, coinvolgimento, iniziative?”, continua sostenendo che la strada della collaborazione sia quella più efficace per valorizzare il territorio bolognese e regionale.

“NELLE SCUOLE PER RACCONTARE QUESTA SCOPERTA”

Concorda anche Nevio Preti, responsabile del gruppo speleologico bolognese, che coglie al volo la proposta, lanciata dalla sindaca di San Lazzaro di Savena Isabella Conti, di “andare nelle scuole a raccontare questa scoperta e per avvicinare i ragazzi a queste attività”. Perché, continua Preti, “chi vive di passioni deve avere possibilità di poterlo trasmettere agli altri”. Molto probabilmente, finite le attività di analisi vicino all’Università, il cranio sarà collocato al museo di San Lazzaro, o comunque sul territorio comunale che vanta già una raccolta di resti e oggetti di corredo funebre di 41 individui, risalenti all’età del Rame.

Agenzia di Stampa ANSA: Scoperto cranio umano dell’Età del Rame

BOLOGNA, 14/06 – Un cranio umano risalente all’Età del Rame è stato ritrovato nella grotta Marcel Loubens, nell’area del Parco dei Gessi bolognesi, a pochi km dal capoluogo. Datato tra il 3.300 e il 3.600 a.C. e probabilmente di sesso femminile, è stato recuperato in un camino carsico con uno strapiombo di 11 metri d’altezza, durante l’esplorazione di un ramo di recente scoperta, e costituisce uno dei più antichi resti antropici dell’area bolognese.
Il recupero è stato eseguito dal Gruppo Speleologico Bolognese ed il cranio è stato trasportato, per iniziarne lo studio, nel Laboratorio di Bioarcheologia e Osteologia forense del Dipartimento di Scienze biologiche dell’Università di Bologna. E’ stata fatta una Tac del reperto, per valutarne lo stato di conservazione e il tipo di sedimenti che riempivano la cavità cranica, mentre le datazioni al radiocarbonio sono state effettuate sul secondo molare sinistro dal Cedad, Centro di Datazione e Diagnostica dell’Università del Salento.
Fra il terzo e gli inizi del secondo millennio a.C. le cavità naturali venivano sfruttate come luogo di sepoltura collettiva, secondo un costume tipico sia in area appenninica che in area alpina. Nell’Età del Rame molte sepolture presentano pratiche funebri di manipolazione, spostamento e rimozione dello scheletro, che rivelano un forte simbolismo legato alle credenze sacre e al culto degli antenati. I crani, in particolare, dovevano rivestire un forte valore simbolico: la loro asportazione quasi sistematica dal luogo di giacitura potrebbe suggerirne, secondo gli esperti, un utilizzo in ambienti diversi da quello strettamente funerario. (ANSA).

Editoriale BolognaToday – Cranio umano del IV millennio A.C rinvenuto a San Lazzaro: Reperto storico unico

Un cranio umano risalente a IV millennio A.C è stato rinvenuto a San Lazzaro, nella grotta Marcel Loubens: un reperto storico unico, considerato tra i più antichi mai rinvenuti prima nel bolognese. Un cranio  datato tra il 3.300 e il 3.600 A.C, probabilmente di sesso femminile, che è stato recuperato in un camino carsico con uno strapiombo di 11 metri d’altezza, e si inserisce nel complesso quadro paleodemografico al cui centro si pone il sito preistorico della Grotta del Farneto ed il vicino sepolcreto eneolitico del Sottoroccia. Questa mattina la presentazione della scoperta in Comune a San Lazzaro, dove erano presenti il sindaco Isabella Conti, la Soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio di Bologna Cristina Ambrosini e Sandro Ceccoli, presidente dell’Ente di gestione per Parchi e la Biodiversità – Emilia Orientale.

LA SCOPERTA

A illustrare le fasi della scoperta, del recupero e del valore scientifico-culturale del reperto, sono state Monica Miari (archeologa) della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Bologna e Maria Giovanna Belcastro (antropologa) del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, accompagnate daNevio Preti, segretario generale G.S.B.-U.S.B. “Da diversi anni facciamo esplorazioni nell’area dei Gessi Bolognesi – ha spiegato Nevio Preti -. La scoperta è stata emozionante, nonostante le molte difficoltà del recupero. Abbiamo infatti a che fare con una grotta molto stretta, nella dolina dell’Inferno, con un camino complesso, tanto che il recupero del cranio ha richiesto ben 11 ore di lavoro. Ma vedere emergere dalla grotta questo reperto straordinario dopo 5mila anni, alle 10 di sera,  tra il buio e le lucciole, è stata un’emozione indescrivibile”.

“Vedere le immagini del recupero di questo importantissimo reperto – ha poi commentato  il sindaco Isabella Conti – è la più grande testimonianza della passione e della tradizione che da Fantini a Orsoni ha segnato la nostra terra. Come istituzioni dobbiamo fare il possibile per diffondere questo amore per il territorio, la conoscenza e la scoperta, soprattutto tra i più giovani. Siamo onorati di aver potuto prendere parte a questo momento importantissimo, per il quale ringraziamo il Gruppo Speleologico Bolognese, la Soprintendenza, l’Ente Parco dei Gessi e tutte le realtà e le persone che hanno reso possibile questa scoperta”.

La nuova Soprintendente Cristina Ambrosini, ha sottolineato “l’importanza di questa scoperta, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche per l’intera comunità. Questo evento straordinario è la testimonianza di ciò che come enti siamo chiamati a fare, ovvero la salvaguardia del patrimonio culturale, anche grazie alla conoscenza, la passione e la competenza di tante persone e realtà che hanno al loro centro l’amore per il paesaggio, sia ambientale che culturale e storico”. Un paesaggio, il Parco dei Gessi Bolognesi, che “sta lavorando per arrivare alla candidatura come patrimonio dell’Unesco”, come ha spiegato il presidente dell’Ente Parchi Sandro Ceccoli: “Questo ritrovamento testimonia l’enorme ricchezza del nostro parco, anche nel sottosuolo.”

Altri link sulla scoperta:

Dal 1932 il Gruppo Speleologico di Bologna conduce esplorazioni e studio di cavità naturali e artificiali.

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